La Riforma Cartabia, introdotta dal Decreto Legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, ha apportato modifiche significative nell’ambito del diritto di famiglia, mirando a semplificare e velocizzare i relativi procedimenti.
Tra le principali novità introdotte, quella che ha destato certamente maggiore interesse è rappresentata dalla possibilità di coordinare il procedimento di separazione con quello di divorzio, attraverso la presentazione contestuale delle relative domande.
Tuttavia, è bene evidenziare che l’apparente intento accelerativo di queste due differenti procedure trova limiti ben precisi legati al necessario rispetto delle tempistiche minime fissate dalla legge tra l’una e l’altra, oltre che implicazioni di vario genere per le parti coinvolte.
Si tratta, quindi, fondamentalmente di un’innovazione di carattere procedurale.
L’opportunità di depositare il ricorso contenente le domande relative sia alla separazione personale dei coniugi sia al divorzio (ai sensi dell’art. 473 bis. n. 49 c.p.c.), non determina una fusione dei due procedimenti, rimanendo pertanto gli stessi giuridicamente distinti.
Ecco perchè, come anticipato, i termini minimi di legge, stabiliti dalla L. n. 898/1970, rimangono invariati e costituiscono requisiti temporali obbligatori: prima di poter procedere con il divorzio devono necessariamente decorrere i 6 mesi ovvero 12 mesi dall’udienza di comparizione delle parti a seconda che si sia trattato di separazione consensuale o giudiziale.
Questo conferma come, nonostante le innovazioni, il legislatore abbia voluto mantenere un equilibrio tra rapidità e tutela delle parti coinvolte.
Nonostante i vantaggi apparenti, la presentazione contestuale delle due domande può comportare:
– ritardi e sovrapposizione dei procedimenti: la pendenza contemporanea dei procedimenti di separazione e divorzio può complicare la gestione delle questioni accessorie, come l’affidamento dei figli e la divisione patrimoniale. Questo rischio è accentuato dalla necessità di evitare giudicati contraddittori;
– Contributo Unificato: le spese giudiziarie di avviamento rimangono distinte per i due procedimenti, nonostante la presentazione contestuale, rendendo i costi di procedura invariati;
– prolungamento dei tempi per decisioni accessorie: la natura interdipendente delle decisioni sullo status (nella separazione e nel divorzio) e sulle condizioni accessorie (affidamento, mantenimento, divisione patrimoniale) può portare a rinvii, soprattutto in casi complessi.
– difficoltà pratiche che potrebbero sorgere, in particolare per quanto riguarda la possibilità di riconsiderare le condizioni di separazione e divorzio inerenti alla gestione delle questioni patrimoniali e familiari.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28727/2023, ha affermato l’ammissibilità del cumulo delle domande anche nei procedimenti di natura consensuale, consentendo la presentazione di un unico ricorso e ribadendo, comunque, che la domanda di divorzio diventa procedibile solo dopo il decorso del termine di legge previsto tra i due procedimenti (sei mesi per la separazione consensuale, dodici mesi per quella giudiziale). In alcune giurisdizioni si sta sviluppando una prassi orientata a favorire un coordinamento più stretto tra i procedimenti, al fine di evitare duplicazioni e conflitti decisionali.
In definitiva, questa nuova modalità cumulativa rappresenta un importante passo avanti verso una maggiore efficienza e semplificazione, ma non elimina del tutto le complessità del sistema.
Per realizzare appieno gli obiettivi di rapidità e giustizia indicati dalla riforma, sarà necessario un ulteriore impegno sul piano organizzativo e interpretativo, nonchè un’attenta valutazione da parte degli operatori del diritto.
Per il futuro, appare fondamentale un ulteriore coordinamento tra i tribunali, oltre a un supporto adeguato alle parti per gestire la complessità documentale (c.d disclosure) e procedurale. Solo in questo modo sarà possibile realizzare appieno gli obiettivi prefissati dalla riforma.